Latinoamerica e concetto di frontiera

La prima definizione del sostantivo frontiera è senz’altro linea di confine, ma ne esiste un’altra, che viene a delinearsi man mano che le popolazioni di origine europea si stanziano in America e ne conquistano il territorio: una stretta striscia di territorio che si trova a ridosso del confine. Nella storiografia statunitense, a partire dal XVII° secolo, il termine aveva modificato il suo significato originario. Indicava infatti non tanto il confine come demarcazione, quanto una regione scarsamente e recentemente popolata, in particolare i territori dell’ ovest, a contatto diretto con le terre non colonizzate.

L’espressione “Nuova Frontiera” fu usata da J. F. Kennedy nel discorso di accettazione della candidatura presidenziale del partito democratico pronunciato a Los Angeles il 15 luglio 1960, parlando del programma che intendeva realizzare in caso di sua elezione indicò la nuova frontiera degli anni ’60: “delle occasioni e dei pericoli sconosciuti, delle speranze irrealizzate e delle minacce non messe in atto”. Intendeva incitare i suoi elettori ad affrontare le dure prove dell’avvenire con lo stesso coraggio e spirito di sacrificio con cui i pionieri, un secolo prima, si erano lanciati verso l’estrema frontiera del west. Ciò indica il radicamento del concetto di frontiera nell’immaginario statunitense, che con il tempo si è arricchito di nuovi significati: sfida, limite.

A seconda di dove ci si colloca la frontiera è sia una linea che avanza sia una linea che retrocede. Poiché è già libera, la terra libera può solo restringersi, arretrare; quello che avanza e si espande non è la libertà ma la colonizzazione. La frontiera che avanza non rappresenta dunque l’espandersi della libertà ma la diminuzione delle condizioni spaziali su cui la libertà è predicata e, conseguentemente, la riduzione delle infinite possibilità di sfruttare la libertà stessa.

In America Latina, ed in particolare in Argentina, l’espansione su di una frontiera interna è il retaggio della conquista spagnola; essa è preceduta da una ridefinizione culturale del proprio territorio, da una estensione immaginaria che anticipa l’effettiva realizzazione. Grazie a Sarmiento ed Alberdi il liberalismo argentino si concretizza nella seconda metà del XIX secolo specificamente in tre direzioni: progresso, espansione della frontiera, colonizzazione europea. la convinzione che il destino del paese è legato all’espansione della frontiera, alla conquista del proprio territorio, alla necessità di civilizzarlo, è tratto distintivo di tutta la cultura dell’ottocento e non solo del liberalismo.

Si può affermare che il concetto di frontiera, così come l’abbiamo presentato fino ad ora è un tratto distintivo che accomuna tanto l’america del sud che quella del nord. Nella definizione di F. J. Turner la frontiera rappresenta nella storia americana qualcosa di più che un semplice concetto geografico: è un confine che divide territori già occupati da quelli ancora da conquistare, ma soprattutto il punto di congiunzione reale e simbolico fra civiltà e barbarie, ovvero luogo in cui le istituzioni e le strutture sociali europee vengono modificate e rinnovate.

Ancor prima di Turner, Sarmiento scrisse il suo capolavoro: Facundo. Civilización y barbarie , titolo che in origine enunciava il suo contenuto in ordine inverso, ovvero Civilización y barbarie. Vida de Juan Facundo Quiroga (1845). Quello che ora è un sottotitolo era, inizialmente, il punto di partenza per decifrare la realtà del paese, il cui progresso dipendeva dall’estensione del proprio territorio, dall’annientamento di quel limbo rappresentato dalla zona di confine con le terre indiane, negate poiché concepite come “deserto” culturale prima ancora che geografico. intorno al 1870 gli indios spingono le loro razzie di animali e uomini fin nelle vicinanze di Buenos Aires, si tratta di un vero e proprio conflitto che investe la preistoria e la modernità dell’america; nel 1874 con la presidenza di Nicolás de Avellaneda il governo è consapevole che innanzi tutto è necessario cancellare questo “anacronismo”. Buenos Aires ha iniziato il suo processo di trasformazione da Gran Aldea a metropoli multietnica: si realizzano grandi opere architettoniche e stradali e l’utopia di Sarmiento si fa sempre più concreta.

La frontiera che avanza è si il luogo di partenza di possibilità infinite, ma anche il punto in cui queste possibilità iniziano a restringersi, la libertà infinita è una onnipotenza solo virtuale, ciò la rende narrativa e poetica al tempo stesso, uno spazio letterario, tanto da essere lo sfondo di opere prodotte sia in America del nord, Henry James in Ritratto di signora, che del sud, Esteban Echeverría in La cautiva o José Hernández nel Martin Fierro . Ma accade però qualcosa di paradossale: l’Argentina adotta come emblema nazionale l’individuo simbolo della zona di confine, del margine: il gaucho , il personaggio che non può esistere se non in bilico fra civiltà e barbarie. Si tratta di un passaggio curioso, se consideriamo che le tesi politiche di Alberdi e Sarmento prevedevano la scomparsa dei gauchos come degli indios : questi divengono il capro espiatorio della barbarie per poi assurgere a incarnazione mitica dell’identità nazionale.

La figura del gaucho appare come elemento perturbatore nel programma di “civilizzazione”, ma allo stesso tempo diviene paradigma di virtù e destrezza ammirabili. Sarmiento dedica pagine di accesa ammirazione a questo personaggio, il rispetto non diminuisce neanche nei confronti del “gaucho malo” che, pur divorziato dalla società, mantiene il suo proprio codice d’onore. Si tratta di virtù inutili per la modernità, che possono sopravvivere solo come temi letterari. Nel pensiero di Leopoldo Lugones le contraddizioni espresse dall’opera di Sarmiento si cristallizzano in una immagine del gaucho come eroe epico, imperfetto ma superlativo, un “uomo libero” che rese possibile attraverso il suo sacrificio l’esistenza della nazione Argentina. La cautiva di Echeverria è la prima affermazione letteraria di una tematica nazionale, nella advertencia al poema si legge: “el desierto es nuestro, es nuestro mas pingue patrimonio” .

La condanna a morte del gaucho e dell’indio è già stata proclamata, si tratta solo di attendere qualche decennio. Saranno rimpiazzati dal cocoliche e dal papolitano , quel che si ignora è che saranno costretti ad annientarsi a vicenda fino al termine della gloriosa “campagna del deserto”, che porterà finalmente l’Argentina ad una nuova ed agognata indipendenza, questa volta dalla barbarie.

<P<L’indio è direttamente associato alla wilderness , all’aspetto più selvaggio della natura, solo il gaucho sa ammirarne il coraggio (Martin Fierro), forse perché in un certo senso ne condivide la “barbarità”, infatti mentre ne La cautiva la frontiera fra civiltà e barbarie è invalicabile, nel Martin Fierro si presenta molto più elastica, si pensi all’epilogo, dal momento che l’opera è caratterizzata dal suo personaggio principale che vive nell’intersezione fra civiltà e barbarie. l’indio non rinvia ad uno spazio proprio, si agita sulla pampa, la attraversa da una parte all’altra, ne esprime l’aspetto più feroce e brutale, ma resta subordinato ad essa. E’ la sua presenza a connotare la pampa come territorio barbaro, una natura ostile. Gli indios e gli animali sono comunque il risvolto dinamico, l’aspetto fenomenico di una natura la cui realtà profonda è costituita comunque dalla staticità.

Il gringo , l’immigrato, è il futuro della nazione designato a prendere il posto del gaucho e dell’indio , così come la civiltà deve soppiantare la barbarie. Le Bases para la organización politica di Juan Bautista Alberdi teorizzano e prevedono anche questo avvenimento, eppure non possono impedire l’arrivo dei ceti inferiori, di analfabeti e, per la quasi totalità, provenienti dall’Europa del sud, al contrario degli inglesi, olandesi e francesi colti, che auspicava la classe dirigente.

Bibliografia

Juan Bautista Alberdi, Bases y punto de partida para la organización política de la República Argentina , [s. l. : s. n.] 1852

Vanni Blengino, Il vallo della Patagonia , Reggio Emilia : Diabasis, 1998

Vanni Blengino, Oltre l’oceano , Roma : Edizioni Associate, 1987

Rosalba Campra, “Imagen controvertida de identidad” in Eñe. Revista de cultura ispanoamericana , [s. l.] 1999

François Chevalier, América Latina de la independencia a nuestros días , Città del Messico : Fondo de cultura económica, 1999

Esteban Echeverría, La cautiva ; El matadero , Buenos Aires : Kapelusz,1994

José Hernández, Martín Fierro , Buenos Aires : El Ateneo, 1988

Lucio V. Lopez, La gran aldea , Buenos Aires : El aleph, 2000

Leopoldo Lugones, El payador hijo de la pampa , 1916 [risorsa elettronica]

Alessandro Portelli, Il testo e la voce : oralità, letteratura e democrazia in America , Roma : [s. n.], 1992

Domingo Faustino Sarmiento, Facundo , Buenos Aires : Centro Editor de América Latina,1973

F. J. Turner, The Frontier in American History , New York 1920

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