Un solido intellettuale del novecento, un faro. No, non è Gino Paoli. E’ Ernesto Sábato, morto neanche due mesi fa alla rispettabilissima età di 99 anni. Nel lontano 1938 aveva vinto un Dottorato in Fisica all’Universidad Nacional de La Plata, ma nel 1943 scelse di abbandonare la scienza per dedicarsi completamente alla letteratura ed alla pittura. Il suo Sobre héroes y tumbas (1961) è considerato uno dei migliori romanzi argentini del XX secolo, e lo è.
Fu anche intimamente legato al mondo del Tango, che seppe interpretare e decifrare nella sua complessità con sconfinamenti e continui giochi di rimandi alla letteratura. Pubblicò nel 1963 il saggio Tango, discusión y clave in cui narrava, analizzava e definiva la trascendenza ed il risentimento presenti nel Tango: la drammaticità del bandoneón, strumento sentimentale, le oscure radici della danza, il mondo del compadrito, l’evoluzione musicale e le differenze fra Guardia Vieja e Guardia Nueva. Interessante la suddivisione in 5 parti denominate “Hibridaje”, “Sexo”, “Descontento”, “Bandoneón” e “Metafísica”, in cui l’autore con maestria si avventura all’interno dell’immaginario porteño sviscerando motivi e caratteri, delineando i tratti essenziali del paese:
el desajuste, la nostalgia, la tristeza, la frustración, la dramaticidad, el descontento, el rencor y la problematicidad”.
Sábato dedicò il libro a Borges:
“Yo quisiera convidarlo con estas páginas que se me han ocurrido sobre el tango. Y mucho me gustaría que no le disgustasen. Créamelo”
Il saggio consta di una seconda parte “Antología de informaciones y opiniones sobre el tango y su mundo”, scritta da Di Paula, Lagos e Pizzini su supervisione dell’autore.
In “Hibridaje” l’autore sostiene che l’ibridazione, la mescolanza di culture o transculturazione, oltre ad essere inevitabile è sempre feconda. Afferma poi che il tango non è una semplice danza lasciva, anzi al contrario, e spiega:
“la creación artística es un acto casi invariablemente antagónico, un acto de fuga, de rebeldía”
In “Descontento”, Sabato ritrae un’impietosa figura dell’argentino partendo dall’idea che il tango è un pensamiento triste que se baila. Con “Metafísica” descrive un male appunto metafisico che l’argentino vive a causa del profondo senso di transitorietà che connota la sua identità e di cui si libera catarticamente attraverso i testi del tango:
“la preocupación metafísica constituye la materia de nuestra mejor literatura”.
Un libro interessante, profondo, illuminante: uno sguardo sull’idiosincrasia dell’argentino attraverso il tango.
“pocos países en el mundo debe de haber en que el sentimiento de nostalgia sea tan reiterado: en los primeros españoles, porque añoraban su patria, lejana; luego en los indios, porque añoraban su libertad perdida y su propio sentido de la existencia; más tarde en los gauchos desplazados por la civilización gringa, exilados en su propia tierra, melancólicamente rememorando la edad de oro de su salvaje independencia; en los viejos patriarcas criollos, porque sentían que aquel hermoso tiempo de la generosidad y de la cortesía se convertía en el materialismo y mezquino territorio del arribismo y de la mentira”.
E poi:
“los inmigrantes, porque extrañaban su viejo terruño europeo, sus costumbres milenarias, sus navidades de nieve junto al fuego, las viejas leyendas de sus lares”. Da “La tristeza de los argentinos” in Gaceta Literaria, n. 12 (enero – febrero 1958).
Sábato non si limitò a proporre teorie sul tango, fu anche grande amico di artisti del calibro di Anibal Troilo e Astor Piazzolla. Nel 1963 appare l’album Tango contemporáneo di Piazzolla che include il pezzo “Introducción a Héroes y Tumbas”. Su impulso del produttore discografico Ben Molar, nel 1966 esce il disco “14 con el tango”. Un progetto originale che univa importanti compositori di tango, pittori e scrittori contemporanei, fra cui lo stesso Sábato, Jorge Luis Borges, Leopoldo Marechal, Manuel Mujica Láinez, Julio De Caro, Astor Piazzolla, Aníbal Troilo, Onofrio Pacenza, Leopoldo Presas. Il disco ebbe un successo clamoroso e Sábato ci regalò “Alejandra”, un tango che in un ennesimo gioco di autorimandi intertestuali cita Sobre héroes y tumbas, su musiche di Aníbal Troilo. Ecco la prima meravigliosa quartina:
He vuelto a aquel banco del Parque Lezama.
Lo mismo que entonces se oye en la noche
la sorda sirena de un barco lejano.
Mis ojos nublados te buscan en vano.