Letteratura argentina per l’infanzia

odrargeLaboratorio di Letteratura argentina per ragazzi a cura di Cristina Blake e Marina Rivera. Il giorno 23 febbraio 2015 dalle 18 alle 20 si esploreranno le poetiche di autori e illustratori argentini con diverse estetiche della parola e dell’immagine, le cui opere sono rivolte al bambino ma anche al lettore adulto. In particolare: la rappresentazione del bambino in alcune opere di Lujàn, María Teresa Andruetto e Isol. Destinatari dell’incontro sono gli operatori dell’infanzia, i docenti, i bibliotecari, genitori, attori ed insegnanti (costo 25 euro).

Cristina Blake Laureata in Lettere e docente. Dal 1990 lavora come professoressa e ricercatrice presso la catedra di Didáctica de la Lengua y la Literatura nella Universidad de La Plata e direttrice della Licenciatura en Enseñanza de la Lengua y la Literatura de la Universidad Nacional de San Martín. Realizza seminari, conferenze e corsi. Ha scritto diversi articoli e pubblicato sei libri su Didattica della lingua e letteratura e Letteratura argentina per l’infanzia.

Marina Rivera Laureata in Comunicazione Visiva all’Università degli Studi di La Plata. Dal 1993 vive in Italia. Si occupa di progettazione grafica e comunicazione. Nel settore dell’infanzia collabora con istituzioni pubbliche e private quali Museo di zoologia di Roma, Regione Abruzzo, Comune e Biblioteche di Roma, Museo Archeologico di Chieti, Università di L’Aquila, Legambiente, ELI Editrice, Sinnos.

Informazioni:

Libreria Odradek via dei Banchi Vecchi 57 tel 06 683345

 

Semplicemente geniale

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Alla Casa delle Traduzioni mercoledì 3 dicembre ore 12 primo incontro con il pubblico italiano di Vicente Battista dopo la recentissima pubblicazione del suo primo romanzo in lingua italiana per Voland, dal titolo Semplicemente Gutiérrez. Con l’autore dialoga la traduttrice Marika Marianello.
Il protagonista Gutiérrez è un ghost-writer che dietro numerosi pseudonimi scrive libretti senza alcun valore letterario su commissione dell’ avido editore Marabini. Ha un solo interlocutore in carne ed ossa con cui si concede riflessioni filosofiche e una piccola tribù di amici virtuali. Per il resto Gutiérrez conduce un’esistenza angusta e abitudinaria, con una sola ambizione: scrivere il suo romanzo autentico che nemmeno i correttori, un esercito di faccendieri senza identità, oseranno modificare. Purtroppo però quel romanzo è destinato a restare tragicamente senza pubblico. Semplicemente Gutiérrez è un libro sul mondo editoriale, sul rapporto tra letteratura alta e di consumo, sulla problematica del doppio, sulla lucida e paranoica angoscia di stampo kafkiano, ma anche un metaromanzo sull’alienazione che rivela l’autoreferenzialità del mondo della letteratura.
Vicente Battista è nato a Buenos Aires nel 1940. Scrittore e sceneggiatore argentino, è redattore della rivista letteraria El escarabajo de oro, e direttore di Nuevos Aires, rivista che ha fondato insieme a Mario Goloboff nel 1970. Ha scritto diverse raccolte di racconti e tre romanzi: El libro de todos los engaños (1984), Siroco (1985) e Sucesos argentinos (1995). Di questi ultimi due esistono due traduzioni in francese: Siroco (1993), Editions Le Mascaret, e Le tango de l’homme de paille (2000), Gallimard. Attualmente tiene una rubrica settimanale nel Suplemento Literario Télam dal titolo «Escritores y escrituras». Nel 1995 ha ricevuto il Premio Planeta.

Quando parlavamo coi morti

MarianaRicevo un’e mail dall’ufficio stampa di un piccolo editore che mi comunica l’uscita di un libro di un’autrice argentina. Ogni tanto capita anche a me, sebbene recensisca pochi libri. Diffido, per quanto l’e mail sembri molto corretta, non fa alcuna pressione o promessa. Do un’occhiata. Mariana Enriquez è una giornalista e scrittrice argentina quarantenne che collabora al supplemento Radar di Pagina 12. A fine maggio è uscita questa raccolta di tre racconti per le Edizioni Caravan in italiano. Pregiudizi a parte il titolo mi interessava, la trama mi incuriosiva. Ho iniziato a leggere e non ho smesso più. l’autrice incontra decisamente i miei gusti in campo letterario, la trama è precisa e comprensibile, i temi ed i punti di vista sono singolari ed avvincenti, lo stile asciutto non presenta niente altro che l’essenziale. Mi sono venuti in mente in sequenza libera gli aggettivi Weird, Fantastico, Punk, Horror; non esattamente: un po’ tutto questo ma con realismo, forse perché come dice lei El horror se ha vuelto más realista. Il primo racconto parla di un gruppo di ragazze adolescenti che si lasciano trasportare nell’ignoto attraverso una seduta spiritica e ne escono perplesse e segnate per il resto della vita, la seduta spiritica fa riemergere il mistero e l’orrore del recente passato nazionale. Intorno l’ambiente sociale di una Buenos Aires autentica, con i suoi contrasti e le differenze di classe registrate da un linguaggio giovanile smaccato ma mai stucchevole, con tutti i limiti che la traduzione impone. Nel secondo racconto donne dalle più disparate situazioni e condizioni creano un movimento segreto per darsi fuoco da sole: anche qui tante riflessioni hanno sfiorato la mia mente, dagli attentati suicidi, alle questioni di parità di genere fino al rapporto di dipendenza tra madre e figlia che può assumere risvolti morbosi. L’ultimo inizia in maniera molto convincente delineando l’universo mentale e ambientale di una donna che cambia mansioni e viene per caso assegnata all’Archivio dei bambini dispersi e scomparsi della città di Buenos Aires. Progressivamente il suo lavoro la incuriosisce e gli scomparsi diventano per lei un’ossessione, poi accade qualcosa di inaspettato…

Enriquez fa parte del gruppo di scrittori conosciuto come Nueva narrativa argentina. Pubblica con Planeta ad appena 19 anni Bajar es lo peor, poi dopo dieci anni Como desaparecer completamente (titolo che trovo geniale e che mi procurerò in qualche modo, pare che il tema della sparizione sia centrale per questa autrice…) ed infine nel 2011 Chicos que vuelven. Ora con questa piccola raccolta miracolosamente tradotta in italiano, che in prima battuta è uscita in Cile nel 2013, abbiamo la possibilità di accedere a delle storie intense, dense, brevi ma strutturate ad arte. Un barlume di speranza si accende in me, tra tanti necrologi di autori del boom pubblicati in giro da chiunque. Almeno nell’emisfero australe ogni tanto la letteratura sa ancora di autentico, di nuovo, di vita.

Per una letteratura senza aggettivi

per_una_letteratura_senza_aggettivi_182Già in altri post è emersa la questione di cosa in un libro si considera “femminile” e per quale motivo la scrittura delle donne venga ancora messa in secondo piano nelle grandi Storie della Letteratura. Se ne potrebbe parlare per anni. Maria Teresa Andruetto se lo chiede a proposito di un’altra Cenerentola: la letteratura infantil o juvenil. Perché la letteratura “per bambini” o “per ragazzi” è considerata un genere secondario? Così nel suo libro edito dalla casa editrice Equilibri ci pone alcune questioni sul canone, un approccio che già trovo squisitamente argentino e mi incuriosisce:

Come ha detto Lotman la relazione fra il canonizzato ed il non canonizzato è sempre dialettica. Questo movimento vorticoso fa si che coloro che si trovano ai margini tendano ad occupare il centro lottando per far valere i propri modelli…

Andruetto ritiene il canone, fra le altre cose, come una lettura del presente tramite il passato, una scelta attraverso cui coscientemente o incoscientemente si pretende di scegliere cosa salvare dall’oblio, cosa insegnare alle future generazioni, per questo motivo lo ritiene un argomento particolarmente importante e delicato nel contesto della letteratura destinata ai ragazzi. Ma il rischio è che ciò che viene canonizzato si fissi e si irrigidisca e che nel mercato editoriale moderno venga sottoposto a innumerevoli copie e varianti sul tema per meri scopi di mercato. Il canone è anche uno strumento di controllo sociale: ciò che è giusto leggere. In questo senso l’autrice interpreta anche alcune classifiche dei “libri più venduti“, un canone effimero costruito dal marketing. Così se nell’attualità i punti di riferimento che abbiamo per la scelta di una lettura sono a tal punto sfilacciati, per venirne a capo non possiamo che tornare un passo indietro e porci la fatidica domanda: a cosa serve la finzione? A quanto pare la usiamo per cercare di comprenderci:

Un racconto è un viaggio che ci conduce in territori altrui, quindi è un modo per espandere i limiti della nostra esperienza, accedendo a un frammento di mondo che non è il nostro. […] Riflette una necessità molto umana, quella di non accontentarci di vivere una sola vita.

Il pericolo che corre la letteratura per ragazzi secondo l’autrice è proprio quello di essere definita a priori come destinata a bambini e ragazzi, e quindi di restare irretita dal solo scopo pedagogico o dall’urgenza di un tema o un problema specifico. Rischia di non parlarci più di umanità, di complessità e contraddizioni dell’essere mettendo in primo piano solo ragioni morali, politiche o di mercato:

I libri letterari, proprio per ciò che in sé hanno di letterario, viaggiano più lentamente. […] Questo succede perché la letteratura per la sua complessità, per la sua ambiguità e soprattutto per la sua particolarità, è un albero difficile da trapiantare. […] Se pensassimo sempre e solamente in termini di rapidità e di vendite non avremmo mai potuto sostenere una scrittura come quella di Borges, ad esempio. 

Un saggio stimolante, scorrevole, elegante. Uno di quei libri che nelle più disparate occasioni tornano in mente. Vale la pena conservarlo per poterlo rileggere al bisogno.

Maria Teresa Andruetto

Per una letteratura senza aggettivi

Equilibri, 2014

 

Conversazioni con Bioy Casares

Silvina Ocampo y Adolfo Bioy Casares (1) L’Ambasciata Argentina in Italia-Casa Argentina, Via Veneto 7, organizza giovedì 3 aprile 2014 alle ore 13, un brunch letterario per la presentazione del libro Sette conversazioni con Adolfo Bioy Casares, di Fernando Sorrentino, a cura di María José Flores Requejo. Sarà presente l’autore. Partecipano:
Ilaria Magnani – Università di Cassino
Armando Francesconi – Università di Macerata
Marco Solfanelli – Editore
Modera Laura Rizzo

Fernando Sorrentino (Buenos Aires, 1942-), è autore di svariati volumi di racconti, da La regresión zoológica (1969) a El crimen de San Alberto (2008), di un romanzo, Sanitarios centenarios (1979), e di un racconto lungo, Crónica costumbrista (1996). Sorrentino ha composto anche numerosi libri per l’infanzia e l’adolescenza. Scrittore, ma anche esperto di letteratura argentina e spagnola, ha pubblicato vari saggi sul tema e curato alcune antologie di narrativa. Fernando Sorrentino ha inoltre pubblicato le sue interviste con due dei principali esponenti della letteratura argentina del XX secolo: Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares. La sua opera è stata tradotta in varie lingue.

Adolfo Bioy Casares (Buenos Aires, 1914-1999), dopo varie esperienze letterarie giovanili da lui “rinnegate” pubblicò il suo primo romanzo importante, L’invenzione di Morel, nel 1940. Fino alla sua morte continuò a scrivere romanzi, racconti, miscellanee, saggi, un dizionario e memorie. Durante la loro amicizia di una vita, annotò le frequenti conversazioni che ebbe con Borges. Firmandosi con gli pseudonimi di H. Bustos Domecq e B. Suárez Lynch, Bioy e Borges scrissero, quasi come un divertissement letterario, cinque volumi di racconti.

Questo volume presenta per la prima volta in Italia un’intervista estesa che l’autore argentino Fernando Sorrentino ebbe con uno dei più grandi esponenti della letteratura argentina contemporanea, Adolfo Bioy Casares (nella foto con Silvina Ocampo). Le sette conversazioni fra i due autori ebbero luogo durante “sette sabato mattina” nell’anno 1988 e furono pubblicate in Argentina alcuni anni dopo, nel 1992. Sorrentino ebbe occasione di intervistare anche Jorge Luis Borges nel 1974 e le sette conversazioni con Borges furono tradotte in italiano nel 1999.

Le conversazioni con Bioy Casares non solo fanno scorgere la straordinaria personalità dell’autore argentino ma permettono anche di rivivere un’Argentina ed una Buenos Aires ormai scomparse, come quando Bioy parla del Martín Fierro e dei gauchos, dei testi dei tanghi “primitivi” e di quelli “canaglieschi” che non piacevano a Borges, delle latterie e delle scuderie sul viale Quintana. Ricordi e osservazioni che nelle sue parole assumono un tono non tanto nostalgico, quanto sociale, aneddotico, umoristico. Il libro di Sorrentino offre al lettore una visione privilegiata e quasi intima del pensiero di questo grande scrittore argentino del XX secolo.

Casa Argentina
Ambasciata Argentina in Italia
Via Veneto, 7
tel. 06 4873866
cultura@ambasciatargentina.it                 Roma Multietnica

Oltre il corteo: l’escrache

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Sembrerebbe che il verbo “escrachar” derivi dal lunfardo, l‘escrache è citato già nel 1879 come una truffa legata ad un falso biglietto vincente della lotteria, oppure potrebbe provenire dal dialetto genovese o infine dall’inglese to scrach, grattare.

A metà degli anni ’90 l’associazione dei figli dei desaparecidos HIJOS utilizza il sostantivo “escrache” per dare nome alla propria forma di lotta, nel periodo in cui i condannati del Proceso de Reorganización Nacional avevano goduto dell’indulto concesso da Carlos Menem. Si tratta in sintesi di manifestazioni organizzate presso i luoghi di residenza dei militari colpevoli di genocidio: mediante slogan, canti, musica, rappresentazioni teatrali, la comunità del quartiere viene avvisata che al suo interno vive un feroce assassino.

Fino a quel momento i figli dei desaparecidos avevano portato in silenzio, accompagnati da paure e vergogna la propria condizione, da allora invece decisero di esprimerla pubblicamente accettando e rivendicando un’identità sia individuale che di gruppo. Prima di questo evento HIJOS aveva creato una Comisión de hermanos che aveva l’obiettivo di recuperare l’identità dei cinquecento bambini e bambine sequestrati dai militari. Tra loro si cominciarono a considerare fratelli, in quanto figli di una generazione che aveva cercato di lottare per un mondo migliore e per questo era stata annientata. HIJOS si definisce come una “costruzione affettiva e politica”, così come le Madres de Plaza de Mayo, la loro è una comunità completamente intrisa della dimensione affettiva e questo ne marca le differenze con qualsiasi altra comunità che lotta per una causa motivata da interessi comuni.

Nel ’96 cambia il clima all’interno della società argentina e ciò provoca un profondo mutamento nel modo di pensare di molti settori sociali. Un anno prima infatti il capitano Adolfo Scilingo aveva reso le sue scabrose dichiarazioni alla stampa. Era la prima volta che si veniva a sapere per bocca di un boia ciò che fino ad allora proveniva solo dalle testimonianze delle vittime. Dopo Scilingo nessuna persona in buona fede poteva ammettere che non fosse stato commesso un genocidio durante la dittatura. Inoltre i gruppi di ragazzi confluiti in HIJOS avevano portato avanti un lavoro di analisi individuale e collettivo assieme a gruppi di psicologi in diverse aree del paese.

Dopo i primi tentativi che consistevano in rapidi flash mob a cui partecipavano un gruppo sparuto di attivisti leggendo un comunicato e tirando vernice sulla porta di casa dell’escrachado, efficaci dal punto di vista mediatico ma poco amalgamati con il tessuto sociale del vicinato, si comprende molto velocemente che l’escrache è efficace e duraturo solo se lavora per ottenere consenso nel quartiere. “Che il carcere siano i vicini” dice la Mesa de escrache popular. Si parla con i vicini, si fa volantinaggio, poiché l’obiettivo non è più la richiesta di un processo allo Stato, ma la costruzione comunitaria della condanna sociale. Così l’escrache assume la forma di una festa creativa che cerca di superare l’impotenza, diventando a sua volta un generatore di potenza che attiva la comunità. HIJOS vuole che l’escrache non abbia un proprietario bensì che la gente stessa se ne impossessi perché “tutti siamo figli della stessa storia”. Nell’escrache i tempi della protesta si intrecciano a quelli del carnevale e del teatro al fine di ricreare il tessuto sociale e risvegliare il senso di comunità annientati dalla dittatura. Sorge un nuovo modo di fare politica, accompagnato da una nuova forma estetica che rompe definitivamente con la protesta tradizionale del corteo. Una nuova visione politica che non è focalizzata sull’annichilimento dell’avversario, ma sull’espulsione dei criminali, non chiede ma denuncia mettendo in scena un atto liberatorio e catartico che di per se stesso riconfigura simbolicamente gli equilibri senza aspettarsi più un intervento  super partes. Questa organizzazione non separa dunque gli obiettivi dai metodi di lotta. L’unità fra quello che fanno e quello che sono elimina la divisione tra fini e mezzi e tra soggetti e forme di lotta.  In America Latina i gruppi come Madres, HIJOS, le comunità indigene, i sem terra, le organizzazioni cristiane di base sono caratterizzati dall’autoaffermazione, dal rendere visibili alla società nuovi soggetti e si trovano a lavorare per separare gli aspetti oppressivi della cultura popolare da quelli emancipativi. Sono gruppi comunità in cui le persone non sono mezzi ma scopi, pertanto il carattere etico resta fondamentale. Il gruppo di Madres occupa da decine di anni uno spazio pubblico in maniera permanente, la Plaza de Mayo, e se ne appropria anche in maniera simbolica: le ceneri di molte madres sono state disperse su quella piazza per loro volontà. Il ruolo giocato dall’aspetto affettivo permette loro di andare oltre ciò che è strumentale e trovare una sintesi senza separare il personale dal politico, il dolore viene trasformato in argomento. E’ probabilmente grazie alla tenacia di questi gruppi che si sono formati per necessità e per affetto, che la mobilitazione sociale in argentina ha assunto una ricchezza ed una grande partecipazione nelle forme di lotta ed è diventata un modello a cui guardare per i movimenti che in tutto il mondo si sono formati in seguito alla crisi del 2008. Per ulteriori approfondimenti è opportuno e doveroso il rimando a Raùl Zibechi, a cui devo molte delle informazioni presenti in questo post, ed in particolare al libro uscito nel 2003 anche in italiano dal titolo Genealogia della rivolta. Argentina. La società in movimento (casa editrice Luca Sossella).

 

Edizioni 001

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La 001 edizioni è una piccola casa editrice torinese nata nel 2006 che vanta al suo interno la collana H! Historietas il meglio della produzione sudamericana del passato e di oggi.

Ha sfornato l’anno scorso una ricca e curatissima edizione dell’Eternauta in lingua italiana, con introduzione di Goffredo Fofi e numerosi approfondimenti, poi un saggio dal titolo Memorie dell’Eternauta. Storia di un fumetto desaparecido di Fernando Ariel Garcìa e Hernan Ostuni.

Nel mese di dicembre è uscito L’Eternauta. Il ritorno. L’investimento vale la pena in ogni senso: contenuto attualissimo, splendida grafica vintage, autentico piacere fisico che scaturisce dal toccare ed odorare questi volumi fatti ad arte.

Eccentrica scoperta

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 Un po’ in sordina una casa editrice salernitana sta proponendo traduzioni insperate di validi autori latinoamericani da noi poco noti. Si tratta delle Edizioni Arcoiris con la collana Gli eccentrici, presentata recentemente nella bibliolibreria della Fiera Più Libri Più Liberi a Roma.

Segnalo un titolo che mi è parso molto avvincente dalla presentazione: il romanzo breve o racconto lungo Istantanee d’inquietudine di Norberto Luis Romero.

Intendo invece soffermarmi sull’affascinante operazione effettuata con l’Antologia Bagliori estremi. Microfinzioni argentine contemporanee curata da Anna Boccuti, ricercatrice all’università di Torino. Il libro offre una panoramica su un genere letterario che in Argentina sta avendo particolare seguito: la microfinzione – miniracconto, microracconto o come lo si vuole chiamare – è un racconto brevissimo, che in poche righe mescola o condensa sentenze, prosa poetica, aforismi, narrativa ed altro ancora e che si chiude in molti casi con un finale che lascia disorientato e impressionato il lettore. Molte le eredità ricevute dal genere, al punto che non lo si può dichiarare totalmente nuovo, ma le comunicazioni brevi tipiche dei social network e del web hanno dato impulso a quello che era sempre rimasto un esperimento più o meno isolato di alcuni autori, noti per essersi cimentati con altri tipi di scritture. Le microfinzioni dialogano spesso e volentieri con altri testi, un rimando intertestuale, una risposta che scaturisce dall’esigenza di brevità e genera un ampliamento dei significati del testo. Si può giocare a scovare i rimandi nella sezione dell’antologia intitolata Alla ricerca delle sorgenti.

Questi brevi scritti hanno frequentemente l’ambizione di portare per pochi momenti chi legge in mondi lontani o surreali; spesso leggendo ho avuto la sensazione di trovarmi davanti paesaggi tipici di certi quadri di Dalì e De Chirico, spazi ampi, rarefatti e bizzarri intrisi di contenuti e rimandi filosofici. Mi riferisco alla sezione intitolata Città, labirinti e altre geografie ad esempio, oppure a Linee di Maria Rosa Lojo o a Ciò che permane di Rosalba Campra.

Si respirano in altri punti tempi mitici in cui personaggi del passato remoto agiscono al di la del clichè, rivelando nuovi finali di storie note a tutti, è il caso di Questione di nomi di David Lagmanovich o di Divine metamorfosi di Patricia Calvelo; in altri ancora i protagonisti dei mondi di fiaba appaiono diversi da come impone la tradizione, si veda Tango del lupo di Eugenio Mandrini, oppure vi è uno spostamento spaziale ed una appropriazione entro i confini geografici latinoamericani di storie fondative dell’Europa, come in Immigrazione di Mario Goloboff, o ancora evocazioni del mondo del circo come metafora della natura umana.

Riscrittura, soggetti abbozzati per un racconto o per un film, piccole riflessioni rinchiuse in un diario segreto, esternazione di punti di vista, piccoli sfoghi, versi poetici, confessioni, questo è quello che appaiono di volta in volta queste opere. Testi aperti e incompiuti per principio, che hanno l’ardire di creare sensi inediti ed incuriosire il lettore; lo lasciano sospeso dentro una suggestione che dura poche righe per poi liberarlo ed abbandonarlo nel proprio labirinto mentale. Come avrete capito questo libro mi appare seducente e pericoloso come un libro di incantesimi: non si sa mai a quali esiti possa portare una di queste piccole microfinzioni, una diversa per ognuno e diverso l’effetto su ogni lettore.

Una stessa notte

L’argentino Leopoldo Brizuela vince il premio Alfaguara 2012. Su 785 manoscritti pervenuti l’ha spuntata il suo romanzo dal titolo Una misma noche, che racconta di una strana irruzione militare che si ripete nella stessa casa prima nel 1976, periodo della dittatura dunque non così infrequente, poi nel 2010. Leonardo Diego Bazán, il personaggio alter ego dello scrittore, presenzia a questi due inquietanti avvenimenti e decide di iniziare un’indagine per scoprire se ci sono connessioni fra le due vicende. Leopoldo Brizuela è nato a La Plata nel 1963, è già un autore e traduttore affermato in patria. La giuria ha voluto sottolineare “Lo stile mirabilmente contenuto dell’autore che, con economia espressiva, riesce a creare un testo perturbante ed ipnotico. Il romanzo tratta l’essenza del male e la corresponsabilità di ognuno nei casi di violenza ed ingiustizia”. L’autore a questo proposito dichiara: “Non cambierà la Storia del mio paese, ma almeno può far cambiare chi lo scrive e chi lo legge”.

Centro Cultural de Música Popular Latinoamericana

In onore della cantante argentina Mercedes Sosa morta nel 2009, la Fondazione intitolata a suo nome ha annunciato ieri che a Buenos Aires, nel quartiere San Telmo, sta per nascere un grande centro culturale di musica popolare.  L’edificio era un vecchio penitenziario ceduto dal governo argentino alla Fondazione Sosa: all’interno sorgeranno una mostra permanente dedicata alla cantante, esposizioni occasionali, conferenze e dibattiti, caffetteria e ristorante, biblioteca e bookshop.

Per l’inaugurazione, che avverrà oggi, è prevista la presentazione di Y seguì cantando, un disco che raccoglie canzoni censurate ed inedite della grande artista. Infine la Fondazione sta realizzando un documentario sulla sua vita in stile road movie con interviste e materiale d’archivio inedito.

LUNFARDO E POESIA

Anche se è giusto precisare che il tango non nasce nelle case chiuse, ma vi si trasferisce per precise motivazioni sociali, possiamo, d’altro canto, affermare che i primi ritornelli associati a  questa nuova musica svelano, senza ombra di dubbio, che il circuito in cui venivano improvvisati o eseguiti era quello postribolare. Questa provenienza è dichiarata già dai titoli, ambiguamente o esplicitamente pornografici: La franela, Con qué trompieza que non dentra e simili. 

In questo senso Mi noche triste crea una spaccatura in due direzioni, da una parte abbandona per sempre l’ambito triviale che fino ad allora era appartenuto alle canzoni scritte per il tango, dall’altra pone le distanze con il linguaggio colto, considerato l’unica soluzione applicabile ad un componimento poetico. Ciò avviene perché, fin da principio, i versi sono scritti in lunfardo, comunemente ritenuto il gergo dei delinquenti di Buenos Aires; quest’ultima convinzione è vera solo in parte, come puntualizza  l’accurato chiarimento di Ana Sebastián: il lunfardo nasce nei conventillos assieme al tango ma non è soltanto, come generalmente si pensa, una lingua argotica, un linguaggio in codice dei malviventi, bensì si divide in lunfardo abierto, o per meglio dire porteño standard, cioè il criterio di espressione quotidiana degli abitanti della capitale, e lunfardo cerrado, ossia un vero e proprio gergo, che non appartiene soltanto ai malviventi ma anche ad altri settori marginali ed isolati della società. Il primo tipo di lunfardo è il linguaggio proprio del tango di Pascual Contursi  e di quelli a venire, e proprio grazie alla sua popolarità conquista istantaneamente la platea, che finalmente si vede rappresentata da questa nuova componente espressiva, la stessa che appartiene al suo quotidiano, di cui, d’ora in poi non è costretta a vergognarsi. Attraverso il lunfardo, la nuova classe di poeti racconta, tra le altre cose, generalmente in prima persona, le vicende di uomini che vivono l’abbandono da parte della propria compagna, descrivendo situazioni e stati d’animo che ne conseguono ma anche ripercorrendo le tappe di questa rottura, dovuta spesso ad un tradimento, non sempre consumato con un altro uomo, ma più ampiamente una diserzione nei confronti del sistema di valori del narratore ingannato. Così ascoltiamo rimproveri verso la costurerita che si è lasciata ingannare dalle luci del Cabaret al centro della città:

Ya no quieren conventillo,

ni ser pobres costureras

ni tampoco andar fuleras,

quieren solo aparentar.

Ser queridas de un fulano

y que tenga mucho vento

les alquile apartamento

y que las lleve al Pigalle.

(,Champagne tango,1913/14, testo Pascual Contursi

musica Manuel Arroztegui)

oppure verso l’umile ed ingenua ragazza cresciuta nel conventillo ormai trasformatasi in prostituta, che non torna più a trovare la vecchia madre:

Cuantas veces tu viejita,

al caer la tardecita,

creyo ver, temblando de emocion,

que daba vuelta la esquina,

la mimosa chiquilina,

que regresaba a pedir perdon…

(De Tardecita*, 1927, testo Carlos Alvarez Pintos, musica Nicolas Messutti)

 Ma non c’è soltanto il rammarico di chi soffre per amore; il tango riedifica attraverso il ricordo una città in continua trasformazione, traccia la geografia di quartieri che sopravvivono solo nella memoria; è il trionfo della nostalgia in tutte le sue forme, un misto di rassegnazione ed inquietudine nei confronti dell’implacabile scorrere del tempo e del sopraggiungere della morte:

Barrio de tango, luna y misterio,

calles lejanas, como estaran!

Viejos amigos que hoy ni recuerdo

que se habran hecho, que es lo que haran!

Barrio de tango, que fue de aquella

Juana, la rubia que tanto ame,

Sabra que sufro, pensando en ella,

desde la tarde en que la deje…

(Barrio de tango, 1942, testo Homero Manzi, musica Anibal Troilo)

I testi di queste canzoni ripropongono dunque delle tematiche peculiari, descrivendo un mondo periferico e marginale disprezzato perché considerato eccessivamente volgare. Le descrizioni che emergono dai testi iniziano ad alimentare la costruzione di nuovi valori, di miti e convenzioni che diventeranno poi proprie del fenomeno tango. Le composizioni presentano una serie di impostazioni: lirica, narrativa, autoritratto. Questo corpus non attira l’attenzione per la sua originalità o complessità; trattandosi di un canzoniere popolare ripropone motivi utilizzati frequentemente in tante altre letterature, amalgamandoli con temi particolari ispirati dal  contesto sociale e geografico in cui nasce e si sviluppa. Eppure le descrizioni, le espressioni felicemente azzeccate, le melodie che le accompagnano rafforzando il messaggio le rendono imprescindibili  per l’identità e l’immaginario di qualsiasi argentino.  Non è mai stato intrapreso uno studio filologico di questi componimenti, perciò non ci si basa su versioni unanimemente accettate cui fare riferimento; tanto meno è possibile conoscere completamente lo sterminato repertorio di testi composti per il tango. Nonostante la ricchezza di incisioni sonore, la trasmissione orale resta dunque particolarmente importante: una rincorsa di varianti, parodie, citazioni intertestuali, semplici errori di memoria la rendono un rito collettivo argentino.