Negro y cimarrón

I cimarrones sono schiavi neri ribelli: fuggono dal padrone e si rifugiano in un luogo appartato, nel quale si organizzano e ricreano una piccola società libera. Per mantenere questi micromondi, detti quilombos o palenques, spesso sono costretti a lottare molto duramente, così come per fuggire. Sono esistiti per davvero. Quasi mai gli indios fuggitivi sono stati denominati cimarrones. Prossimamente vorrei aprire una lunga parentesi su questo argomento ed in generale sui segni della cultura “afroamericana-latina”. Sarebbe carino collaborare e pubblicare anche qualche post dei miei lettori più esperti sull’argomento. Se ne avete voglia battete un colpo!

Cosa si intende per America Latina

Mi sono imbattuta in un bel libro divulgativo sulla Storia dell’America Latina appena uscito, alcune scelte non sono ai miei umili occhi del tutto condivisibili ma lo ritengo un esperimento ben riscito:

Loris Zanatta, Storia dell’America Latina contemporanea, Laterza : 2010

L’autore, un accademico, spiega con rara chiarezza cosa significa America Latina e tutte le complesse sfumature sull’identità in trasformazione di questo continente, cito testualmente di seguito:

“…per America Latina s’intende un concetto storico, non geografico. S’intende cioè quell’area del continente americano dove dal XVI secolo s’è impiantata la civiltà iberica. L’area insomma colonizzata dai regni di Spagna e Portogallo. Come tale, l’America Latina evoca un’idea di civiltà. Ciò significa che in termini geografici essa si divide in tre tronconi: il Nord America, cui appartiene il Messico, il Centro America, di cui fan parte i piccoli paesi dell’Istmo e caraibici, e infine il Sud America. Ed implica che non tutte le terre che stanno a sud degli Stati Uniti siano America Latina…”

Fino a pochi anni fa il dibattito sul come nominare quest’area era aperto ed acceso. Gli Stati Uniti erano riusciti con una sineddoche a farsi chiamare “America” in esclusiva, circolavano dunque definizioni di vario genere per ciò che era America al di fuori degli USA: Ispanoamerica, Iberoamerica, Amerindia. Ora, un po’ per il fatto che le massicce migrazioni negli Stati Uniti hanno fatto emergere la cultura di coloro che si autodefiniscono latinos e che in inglese si dice Latin America, ci si è tutti via via attestati sul termine America Latina o Latinoamerica. Ma attenzione, l’aggettivo “latina” rimanda anche al fatto che, afferma Zanatta:

“…L’America Latina contemporanea [è] una regione più prossima all’Europa latina di quanto non si sia solitamente disposti ad ammettere.”

Insomma L’America Latina è vicina…ma ancora ci si interroga: L’invenzione dell’America latina.

Come avrei cercato di salvare l’IILA

A) Avrei messo una petizione on line chiedendo ai soci AISPI, AIB e all’Associazione ispanoamericanisti di firmare in massa

B) Avrei cercato di trasformare almeno la Biblioteca ed i suoi annessi in Fondazione

C) Avrei assunto, anche facendo una colletta tra studiosi, un consulente per attivare un fund raising con tutti i crismi

D) Avrei nel frattempo attivato una intensa collaborazione con L’Istituto Berlinese IAI per avviare un serio Benchmarking fra istituti ecapire cosa andava e cosa no ed in generale su cosa puntare per il futuro

E) Avrei diffuso capillarmente un Comunicato stampa semplice, efficace ed aggressivo, snocciolando cifre e dati su ciò che si andrà a perdere e su quello che si vorrebbe salvare

F) Avrei lasciato confluire il vecchio personale al Ministero

G) Avrei fatto una seria selezione di professionisti trentenni disposti a collaborare con la speranza di un radioso futuro nella nuova Fondazione: Storici dell’arte, della Letteratura, Ingegneri, Agronomi, Bibliotecari, Allestitori di mostre ed esperti di attività culturali

H) Avrei cercato una sede di almeno 2000 mq per la Biblioteca, più periferica ma vicina ad una stazione metropolitana, magari facendo una proposta di progetto di recupero urbano

Perchè non l’ho fatto?

Perchè nessuno mi avrebbe ascoltato.

In Italia ognuno ha un santo in paradiso e non è prevista la guerra ai santi. La guerra santa invece si, nonostante la Costituzione.

Libreria spagnola a Roma

Dal 1962  si occupa di rendere disponibili i libri editi in lingua spagnola a Roma. Da qualche mese ha cambiato gestione, sono proprio curiosa di vedere chi sostituirà le due signore tutte d’un pezzo che ai tempi dell’Università mi rimediavano, con i loro tempi, libri altrimenti introvabili e per questo ai mei occhi sacri. Non era ancora il tempo di Amazon e delle librerie on line. Un piccolo scrigno incastonato in Piazza Navona: al fianco la galleria dell’Instituto Cervantes, di fronte l’imponente ed immacolata Ambasciata del Brasile, tutto contribuiva a farmi credere che stavo studiando qualcosa di importante e maestoso, forse in tempi ormai remoti è stato così, forse fra poco lo sarà ancora, vista la vorticosa ascesa economica del Brasile!

Se a qualche studente-ricercatore pungesse vaghezza…

Un Instituto Ibero-Americano (IAI) a Berlino. Le fondamenta  ideali vengono poste ancor prima della Grande Guerra, quando il Ministero dell’Educazione Prussiano decise di fondare a Berlino un istituto per tedeschi, che già in tanti avevano colonizzato l’America Latina, e latinoamericani; ma l’Istituto vede effettivamente la luce nel 1930. Grazie alla donazione dell’erudito argentino Ernesto Quesada di 82.000 volumi, a condizione che fossero usati per la creazione di una nuova istituzione incaricata di coltivare relazioni interculturali fra intellettuali tedeschi e Latinoamericani, nacque un modello di istituto basato su tre filoni: información, investigación, intercambio cultural, ancora oggi vigente. Alla Biblioteca Quesada si aggiunsero via via altri importanti fondi ed attualmente si considera la più importante Biblioteca di ambito latinoamericano d’Europa. Io non l’ho mai visitata, perchè coltivo il sogno segreto di esservi invitata con tutti gli onori in un giorno non troppo lontano…

Lo IAI era ed è inoltre suddiviso per aree geografiche, con l’obiettivo di “ilustrar sobre los rasgos distintivos de los países ibero-americanos”  e la “erradicación de falsas ideas“, cosa che mi sembra particolarmente stimabile nel contesto sociale della Berlino degli anni ’30. Nel 1934 il generale Wilhelm Faupel, del partito nazionalsocialista (NSDAP), fu nominato direttore dello IAI sottoponendolo al controllo del regime, creando comunque una stretta rete di relazioni con l’America Latina e la Penisola iberica. Alla fine della guerra, in seguito ai bombardamenti, andarono perduti circa 40.000 volumi. Il Ministero della Difesa statunitense era al corrente dell’attività propagandistica dell’Istituto e si propose in un primo momento di scioglierlo, ma per fortuna sopravvisse come “Biblioteca Latinoamericana” sotto la competenza del comune di Berlino. Solo nel 1962 riacquistò il suo nome e le sue funzioni. Attualmente, dopo altre vicissitudini, si trova in Potsdamer Straße 37 (Tiergarten), vicino alla Biblioteca statale di Berlino. L’Istituto eroga Borse di Studio, promuove viaggi e scambi per ricercatori, eventi culturali e pubblicazioni. Insomma sembra un sogno, se solo avessi studiato il tedesco al momento giusto…

http://www.iai.spk-berlin.de/

http://movilidad.universiablogs.net/tag/investigacion/page/2