Diana

Ho già avuto modo di parlare di Rubem Fonseca. Da poco la piccola casa editrice Urogallo di Perugia ha pubblicato il suo romanzo Il seminarista (2010). Visto che siamo in clima di festa della donna vi offro la traduzione di uno dei racconti inediti della raccolta sfortunatamente non tradotta in Italia che si intitola Ela e outras mulheres (2006).

Diana

Erano le tre di notte ed andai a prendere un caffè nell’unico locale aperto a quell’ora. Mi sedetti su uno sgabello del bancone e chiesi un caffè latte con pão na chapa1. Quel pane era una porcheria, pieno di lievito,e anche il caffè non era granchè, ma il pane ben tostato con il burro si lasciava mangiare.

La donna entrò mentre stavo prendendo il caffè, diede un’occhiata al bancone e si sedette al mio fianco. C’erano altri posti liberi. Era vestita di nero, aveva un trucco pesante, ma anche così si notava che era una donna giovane e carina. Doveva venire da una festa.

Mi chiamo Diana, disse, e tu?

Manoel.

Manoel? Lei sembrò sorpresa.

Mio padre si chiamava Manoel, mio nonno si chiamava Manoel. Il mio bisnonno si chiamava Manoel.

E tuo figlio?

Non ho figli. Ho un cane. Anche lui si chiama Manoel, ma io lo chiamo Mané, lui lo preferisce.

E tu cosa fai?

Niente, sono disoccupato.

E prima?

Sempre disoccupato. Ma so disegnare.

Allora fa un disegno per me, disse, prendendo il tovagliolo.

Mi serve una penna o una matita.

Diana chiese in prestito la penna al barista.

Mi mise davanti la penna ed il tovagliolo.

Disegnai un cane.

Questo è Mané, dissi.

Randagio?

Vero.

Posso tenere il disegno?

Si.

Ma lo voglio autografato.

Firmai Manoel sul tovagliolo.

Sono scema, disse.

Anche io, risposi.

Sto dicendo sul serio. Sono ninfomane. Sai che significa?

Si. Una donna che cerca compulsivamente l’orgasmo, senza riuscire ad averlo.

Questa è una definizione molto semplicistica.

Non è semplicistica, è solo semplice, e le definizioni semplici sono sempre le più corrette.

Noi ninfomani siamo persone impulsive. Vediamo un determinato uomo e vogliamo portarlo a letto. Non dirmi che non succede anche a voi? Solo che per gli uomini è più difficile soddisfare questo impulso, le donne resistono di più agli assalti. Ora, se io ti invito ad andare a letto non resisti, accetti, vero?

La guardai. Hai bevuto?

Ho bevuto champagne alla festa. Ma li c’erano solo uomini insipidi, e prima di fare la scelta sbagliata sono uscita.

Chiesi al barista un caffè doppio.

Bevi questo, dissi.

Lei prese il caffè. Pagai il conto.

Andiamo a fare un giro, dissi, non mi piace scopare donne ubriache.

Questo linguaggio mi arrapa, le parolacce mi arrapano.

Le strade erano vuote. Camminammo in silenzio.

Molte volte vogliamo solo soddisfare una fantasia sessuale, disse Diana. Oggi la mia fantasia è andare a letto con un uomo sadico, che mi prenda, mi minacci, mi dia qualche schiaffo, ma senza farmi troppo male. Tu sei questo tipo di uomo?

Forse.

Forse? O lo sei o non lo sei.

Lo sono. Più o meno.

Più o meno?

Vedrai. Vivi sola?

Si.

Il tuo edificio ha il portiere?

No.

Possiamo andare li?

Certo.

Arrivammo al suo appartamento.

Entrammo. Il posto era pulito, aveva un buon odore.

Lei prese una bottiglia di champagne dal frigorifero.

Posso bere un po’?

Un calice appena. Hai bisogno di rimanere lucida, così godi di più.

Lei prese due calici, pieni.

Andammo in camera. Il letto era di ferro, con una testata solida.

Non ho niente per farmi legare al letto. Devo strappare un lenzuolo. Ho alcune lenzuola vecchie da buttare.

Non è necessario, dissi, prendendo le manette dalla borsa. Ti ammanetto.

Manette? Che meraviglia. Sei un poliziotto?

No.

Dove le hai trovate?

Le ho comprate. Togliti i vestiti e sdraiati.

Mentre ammanettavo i suoi polsi alle sbarre della testata potei notare la perfezione del suo corpo. I seni erano piccoli e all’insù, anche se era sdraiata, non avevo mai visto ventre e cosce così perfette in tutta la mia vita.

Quanti anni hai?

Ventitré.

Mi tolsi i vestiti.

Tu sei grande, disse. Voglio dire, questa cosa.

Cerchi un orgasmo, no?

Si, disse lei, si.

Dopo aver leccato i suoi seni e la sua vagina, la penetrai lentamente e le diedi degli schiaffi in faccia, senza molta forza, ma anche così la sua faccia divenne rossa.

Che bello, che bello, disse Diana.

Questo non è niente. Ti stringo il collo e avrai una sensazione di morte in quel momento avrai l’orgasmo che non hai mai avuto in vita tua.

Voglio, voglio, disse lei, entusiasmata.

Strinsi lentamente il collo di Diana e sentii la sua vagina che si contraeva e poi un liquido abbondante inondò il mio pene.

Sto godendo, lei riuscì a dire, ansimante, mio Dio, sto godendo.

Strinsi di più il suo collo, e di più, con tutta la mia forza.

Quando ho sentito le ossa spezzarsi, sono venuto anche io, un godimento lungo e purificatore.

(Da Ela e outras mulheres Rubem Fonseca. Traduzione Alessandra De Luca e Daniela Scarpari)

1 Piccola baguette con burro riscaldata sulla piastra.

Cinema brasiliano a Firenze

brasil-img_{190784a9-a024-4671-b22b-b37834aad376}Quelli della compagnia di Fondazione Sistema Toscana e Cinema do Brasil presentano:
Brasil: seleção de cinema – il meglio del cinema brasiliano contemporaneo per la prima volta presso il Cinema Odeon Firenze
Molti gli ospiti presenti al festival, un’occasione unica per conoscere da vicino i protagonisti di una cinematografia in continua evoluzione.

GIOVEDì 13 FEBBRAIO OPENING FILM
ore 20.30
Serra Pelada di Heitor Dhalia (Brasile 2013 – 100′)
Sarà presente l’attore Juliano Cazarré

INGRESSO
Singolo spettacolo: 5€
Biglietto giornaliero: 8€
Abbonamento intera rassegna: 20€

Tranne dove diversamente indicato tutti i film sono in versione originale in lingua portoghese con sottotitoli in italiano.

Il festival è organizzato con il patrocinio dell’Ambasciata del Brasile e in collaborazione con l’Osservatorio per l’Arte Contemporanee dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con COSPE e con l’Istituto IBRA..

INFO E PROGRAMMA:
www.quellidellacompagnia.it

info@quellidellacompagnia.it

Spettacolo #Tessuto

Oggi promuovo uno spettacolo scritto da me che sarà messo in scena ad ARTERIE, festival rassegna di ipotesi espressive nel paesino di Cantalupo in Sabina. Tratta di una immaginaria emigrata brasiliana.

Sabato e Domenica sera al Festival ARTERIE di Cantalupo in Sabina
Cascina Barà presenta
Spettacolo performativo
Da un’idea di Daniela Zambon Scarpari
Scritto da Alessandra De Luca, Daniela Zambon Scarpari e Alessio Trillini
Adattamento per il Teatro: Daniela Zambon Scarpari
Interprete: Daniela Zambon Scarpari
Regia visuale e tag-tool idea: Fupete
Produzione e disegno dal vivo: Alessio Trillini
Musiche: Lorf, Alessandra De Luca
Musica dal vivo: Lorf
Con la collaborazione di Erika Gabbani – Nasonero
L’idea
Spettacolo performativo costruito su una delicata trama visionaria per immagini e sull’interazione fra recitazione, disegno e musica dal vivo.  L’atto teatrale sconfina non tanto spazialmente quanto concettualmente, avvalendosi di altre modalità artistiche ed incorporandole nell’azione, dando vita ad uno spettacolo fluido e mobile, in certi passi performativo, che qualcuno ha definito “quasi un film dal vivo”. Un esperimento che ha la finalità di stabilire un delicato rapporto di fiducia con il pubblico attraverso un dialogo fra modalità espressive diverse che costruiscono situazioni poetiche, con inoltre lo scopo di trasferire agli spettatori e trascendere contenuti forti, violenti, talvolta brutali. Un tipo di teatro sociale che indaga due ordini di conflitti contemporanei: l’esclusione dello straniero che trova la sua deriva nell’annientamento dell’individualità, e l’impossibilità di comprendere in pieno il punto di vista dell’altro all’interno di un rapporto intergenerazionale, in specifico quello tra madre e figlia.
La storia
Nell’arco di una notte Mia racconta la storia di sua madre Teresinha, un’immigrata che lavorava in Italia come sarta, scomparsa misteriosamente. Teresinha fin da piccola collezionava parole, stava costruendo un diario-patchwork. Mia ritrova il diario di tessuto all’arrivo in casa di sua madre, ma la casa è vuota. Leggendo il diario scopre parti di se stessa ed inizia a conoscere più a fondo la storia di questa donna che non ha mai potuto occuparsi di lei: la durezza della sua vita, la fuga, la violenza, la miseria. La sarta operaia è sempre vissuta in clandestinità, incastrata in un mondo sospeso, che non si trova né nella sua patria d’origine né in quella che la accoglie per lavoro. Il patchwork è incompleto e Mia decide di finirlo, ma si punge con un ago e inizia a dissanguarsi, prova a fermare l’emorragia ma non ci riesce come per un lento, malvagio incantesimo. Tanto più comprenderà la storia di sua madre e la sua, quanto più il destino di Mia si sovrapporrà a quello di Teresinha, ma troverà nuovi modi per torturarla…
Chi
Lo spettacolo è frutto dell’incontro di persone dedite ad attività artistiche diverse e con background differenti, che si sono organizzate per lavorare alla sua realizzazione come trovandosi in uno spazio pubblico astratto, poroso, privo di confini e di restrizioni categoriche. Ne nasce una regia collettiva, un lavoro corale sul testo, un Collettivo che risiede idealmente nella Cascina Barà.- dintorni di Pisa. Lo spettacolo è stato finalista al Premio 12 donne – Città di Rieti 2011 e semifinalista alla Borsa Teatrale Anna Pancirolli di Milano 2012.

Vento latinoamericano: eppur si muove

La città di Roma in questo periodo ospiterà una serie di iniziative riguardanti la cultura latinoamericana promosse da Roma Capitale, dall’IILA e da varie ambasciate latinoamericane con sede a Roma. Di seguito una breve rassegna stampa su questa iniziativa intitolata Primavera latinoamericana:

 

Corriere

Roma Capitale

Centrale Montemartini

GUEVARA E CUBA A TRASTEVERE

Oggi alle 18.00 presso il Museo di Roma in Trastevere, in Piazza S. Egidio 1/b, si inaugurano due mostre fotografiche promosse da Roma Capitale: Che Guevara Fotografo, concepita per far conoscere la produzione fotografica di Ernesto Che Guevara ed il suo lato artistico. La mostra è stata parzialmente presentata per la prima volta a Cuba nel 1990 e poi ospitata da città latinoamericane ed europee. In concessione temporanea dal Centro Studi Che Guevara di L’Avana.

Cuba una storia anche italiana, celebra un particolare “matrimonio esotico” tra culture solo apparentemente lontane, evidenziandone il loro rapporto, poco noto ma sorprendente, attraverso il racconto delle vicende di tanti protagonisti, da Colombo fino ai giorni nostri.

La Capoeira e l’arte di scomparire

Alla fine degli anni ’90 avevano iniziato a diffondersi corsi e scuole di Capoeira un po’ in tutta Italia. Si tratta di una lotta/danza tradizionale brasiliana molto suggestiva, con una storia interessante e dei belissimi rituali coreografici. Dal 2007 in poi, invece, è andata scomparendo dalle palestre e dai centri fitness.  Si è verificato il solito schema postmoderno: una conoscenza tradizionale, specifica di un luogo circoscritto, si è diffusa, semplificata e banalizzata, in tutto “l’Occidente”; in seguito “l’Occidente” l’ha superficialmente digerita, poi inglobata, poi ignorata.

Dietro questo processo si nasconde una sorta di umiliazione a cui vengono sottoposte una serie di pratiche tradizionali in nome della Moda. Lo stesso succede ad esempio con le arti marziali orientali, o con l’artigianato andino e africano, o con la musica dell’area del Caribe (Salsa, Mambo etc.).

Un sottile senso di superiorità serpeggia in questi neoadepti, affamati di esperienze ed esotismo, convinti di poter cogliere l’essenza di pratiche perfezionate in centinaia di anni con un corso di 6 mesi 2 volte a settimana. Tutt’al più in uno o due anni si usa e getta la cultura di un popolo.