Preghiere notturne

Preghiere-notturne

Un libro appagante, che ha le radici nei grandi classici della letteratura ispanoamericana e la leggerezza di un’opera immersa nella contemporaneità, veloce e scorrevole, sebbene parli di argomenti tutt’altro che lievi.
La storia si può a grandi linee dividere in due parti. Nella prima parte scopriamo le vicende ed i moti dell’animo di Manuel, giovane figlio secondogenito di una famiglia della classe media di Bogotà. La sua infanzia è pervasa da una cappa di consapevolezza depressiva: non è un figlio amato, anzi sembra quasi un intruso a malapena tollerato fino a quando sua sorella Juana non riesce a guardarlo per davvero, in profondità. Con lei si creerà il suo unico legame forte, ai limiti della morbosità, di contro ad un resto dell’umanità meschino e inaffidabile. La giovinezza di Manuel conferma questa sua intuizione infantile e lo costringe a mettere a fuoco la pochezza dei suoi genitori. Intanto l’ascesa del nuovo caudillo Uribe fa da sfondo ad un panorama umano desolante a cui solo Manuel assieme a Juana sembrano opporsi rifugiandosi in un mondo segreto, fatto di cinema d’autore, libri e murales abusivi.
Nella seconda parte del libro Juana scompare misteriosamente, un po’ alla volta, senza colpi di teatro, come se la sua coscienza e la sua presenza si dissolvessero sciogliendosi in un liquido. Manuel comincia ad avere dei sospetti ed a cercarla senza sosta. Si ritroverà in carcere a Bangkok, dove incontrerà il Console dell’Ambasciata colombiana a Nuova Dehli, alter ego dell’autore, che si farà coinvolgere nella ricerca della sorella. Da questo momento in poi emerge un po’ alla volta il punto di vista di Juana e la sua vicenda assume contorni sempre più torbidi e inquietanti…
La costruzione del libro è a mio avviso molto efficace, i personaggi sono presentati con maestria, si alternano pagine in cui il Console narra in prima persona la concatenazione di eventi che lo coinvolgono nella storia a pagine in cui Manuel racconta a lui le sue vicissitudini personali che lo hanno portato fino al carcere, ed altre misteriose pagine di un blogger sconosciuto, che solo alla fine del libro sveleranno il loro significato. La storia sembra meno cesellata nella seconda parte, ho trovato un po’ pleonastiche alcune scene in cui il Console partecipa a dei convegni letterari ed un po’ troppo approfondita a discapito della verosimiglianza la confessione di Juana ed il cavilloso racconto dei suoi giorni dal momento della scomparsa. Nonostante questi particolari il libro mantiene sempre un alto di livello di suspance ed è ricco di intelligenti riflessioni e di indagini introspettive che solo la buona letteratura sa capitalizzare. L’autore, Santiago Gamboa, è uno scrittore riconosciuto come uno dei più interessanti del panorama letterario latinoamericano attuale, ha 47 anni e vive tra Roma e Bogotà, ha già al suo attivo diversi romanzi tradotti in Italia: Perdere è una questione di metodo del 1998, Vita felice del giovane Estéban, Ottobre a Pechino, Gli impostori e Morte di un biografo del 2011 (titolo sublime!), edito dalle edizioni e/o come quest’ultimo. E’ doveroso riconoscere alla casa editrice e/o uno speciale merito nel mantenere da anni l’impegno di pubblicare autori latinoamericani di qualità a prescindere dalle mode del momento e dalle infinite tentazioni del mercato editoriale.

Falsamente positivi

Di nuovo dall’America Latina un esperimento avanguardistico e deliberato di sterminio umano. Questa volta siamo in Colombia alla fine del 2008: esce fuori che l’Ejercito de Colombia ha assassinato civili innocenti per farli passare come guerriglieri e presentare dei buoni risultati ai superiori ed a membri del governo al fine, tra le altre cose, di riceverne degli incentivi sul salario. I civili inermi erano per lo più ragazzi delle favelas di 16 e 17 anni, venivano attirati con la promessa di un lavoro e portati in locali notturni con conseguente abuso di alcool e droghe, in seguito trasferiti a centinaia di chilometri di distanza dalle loro abitazioni e probabilmente torturati, sicuramente uccisi e mutilati, poi buttati in fosse comuni. Circa 10 giorni fa è stata scoperta una fossa comune vicino al cimitero della Macarena e questo paradossalmente è un grande risultato per le famiglie, le quali essendo così indigenti e non potendo recriminare un omicidio senza corpo del congiunto, hanno vissuto ignorate ed abbandonate dalle complici istituzioni colombiane fino ad ora. Incredibilmente scopro che due giovani italiani hanno realizzato un documentario su questo tema:

Falsos Positivos, di Simone Bruno e Dado Carillo, Italia, 2009, 55′, HD
Attraverso il viaggio dei parenti per recuperare le salme dei loro cari lo scandalo dei “falsos positivos” si affaccia in tutta la sua crudeltà e vastità. Un ex generale, un reclutatore in galera e i membri più autorevoli della società civile colombiana analizzano questo scandalo che ha già ucciso più di 1600 persone innocenti con il solo scopo di giustificare l’inefficace lotta dell’esercito contro le FARC. La complicità degli Stati Uniti è evidenziata da Noam Chomski e dai documenti declassificati della CIA.

Simone Bruno, è un giornalista freelance che vive e lavora a Bogotà. Scrive regolarmente per diverse testate sia europee che sud americane.
Dado Carillo, è un operatore e montatore freelance che vive e lavora a New York. Falsos Positivos è il loro primo documentario.