Tzompantli inusuale

Tzompantli in Nàhuatl significa “altare dei teschi”, gli antichi messicani usavano esporne sui templi e nelle piazze. Quando gli spagnoli intrapresero la “Conquista”, durante una battaglia sulle rive del lago Tenochtìtlan sopra il quale oggi sorge Città del Messico, gli aztechi catturarono 23 nemici e li sacrificarono in un grande Tzompantli. In occasione delle celebrazioni del Dìa de los muertos, il 27 ottobre una interessante galleria d’arte del D. F. inaugurerà uno Tzompantli gráfico presso il Museo nacional de Culturas populares. Fra i 70 artisti selezionati figura anche l’italiano Fupete. Tzompantli Gráfico è un progetto congiunto di Vértigo Galería (Clarisa Moura – Dr. Alderete) e Omar Mijangos. Di seguito il comunicato stampa tradotto in italiano:

VÉRTIGO GALERÍA / COLECTIVA

Inaugurazione: 27 ottobre 19:00. In mostra fino al 27 novembre 2011 a Città del Messico.

La Morte ed il misticismo che la circonda sono stati oggetto delle più diverse espressioni e riti da tempo immemore. Il simbolismo che l’umanità gli attribuisce è un chiaro segnale dell’attrazione che prova nei confronti della conoscenza di ciò che succedde dopo la vita. Una di queste manifestazioni è il Tzompantli: un altare o muro di crani di persone sacrificate que si offriva agli dei in  tempi preispanici. Le teste ancora sanguinanti dei prigionieri si disponevano una dietro l’altra all’interno di pale di legno. Nel sovrapporle una sopra l’altra si veniva a creare un’imponente parete di crani. Le cronache di Hernán Cortés e Bernardino de Sahagún testimoniano l’esistenza di questa pratica. Al giorno d’oggi esistono alcune di queste manifestazioni in pietra negli alto rilievi del Tzompantli del Templo Mayor o in quello ubicato a Chichén Itzá, oltre ad alcune derivazioni come il pan de muerto e le offerte votive.

TZOMPANTLI GRÁFICO è una reinterpretazione di questa struttura, un omaggio alla sua carica mitica e culturale. Formato da 20 crani di grande formato di artisti messicani e internazionali, legati ad espressioni grafiche come illustrazione, graffiti, vignette, disegno, arte contemporanea, fra le altre. Ognuno plasmerà la sua particolare concezione della morte, dando come risultato uno squisito mosaico di immagini, concetti e grafica. Questo Tzompantli si convertirà in installazione presso gli spazi esterni del Museo Nacional de Culturas Populares, una estensione che sarà parte della mostra presentata presso Vértigo Galería. Le due proposte coesisteranno al fine di avere la possibilità di apprezzare il lavoro di più di 70 artisti in totale e visitare i due spazi.

PARTECIPANO: Adrien Bernheim (FR), Samuel Casal (BR), Carlos Castillo, Alberto Cerriteño, Catalina Estrada (COL), Fupete (ITA), Diego Gamba, Jorge Gutiérrez, Huesudo, Federico Jordán, Guram Lubaggi, Maxi Luchini (ARG), Marie Meier (FR), Omar Mijangos, Christian Montenegro (ARG), Martín Pech, Pooch (USA), Lucas Varela (ARG), Zoveck.

Pixação

Unisce due pratiche urbane, il graffitismo ed il parkour, ma essenzialmente è una forma di arte visiva. Emerge intorno al 1980 a São Paulo e rapidamente si trasforma in una modalità aggressiva e controversa tipica della città. Pixo è il risultato della pixação, uno stile calligrafico che deriva dalle scritte dei gruppi heavy metal e che sostanzialmente si rifà alle rune germaniche. Sicuramente esiste una connessione anche con gli stili calligrafici delle Gang chicane di San Francisco. Si tratta comunque di uno stile molto peculiare, una forma di espressione illegale nata prevalentemente da persone che vivono in aree estremamente marginalizzate e non hanno nulla da perdere e ben poco da aspettarsi, il loro obiettivo è vedere il proprio nome ed i propri messaggi scritti dovunque su edifici pubblici riconoscibili, compiendo acrobazie azzardate pur di arrivare a “conquistarli”. Nell’ottobre 2008 un gruppo di 40 pixowriters invade la Biennale di São Paulo, quell’anno sopranominata “Biennale del vuoto”. I pixoteros spiegarono, con discorsi e slogan di protesta, che la loro era la vera arte brasiliana e furono ampiamente applauditi dal pubblico prima di dover scappare dalla polizia.

Una megalopoli, una forma d’arte profondamente radicata nella società, espressa da settori marginali, che scuote e divide l’opinione pubblica e la vecchia Europa non ne sa praticamente nulla.

http://www.spexis.me/2009/11/samba-capoeira-caipirinhaand-pixacao/