Edizioni 001

Eternauta-Il-Ritorno-cover-sito

La 001 edizioni è una piccola casa editrice torinese nata nel 2006 che vanta al suo interno la collana H! Historietas il meglio della produzione sudamericana del passato e di oggi.

Ha sfornato l’anno scorso una ricca e curatissima edizione dell’Eternauta in lingua italiana, con introduzione di Goffredo Fofi e numerosi approfondimenti, poi un saggio dal titolo Memorie dell’Eternauta. Storia di un fumetto desaparecido di Fernando Ariel Garcìa e Hernan Ostuni.

Nel mese di dicembre è uscito L’Eternauta. Il ritorno. L’investimento vale la pena in ogni senso: contenuto attualissimo, splendida grafica vintage, autentico piacere fisico che scaturisce dal toccare ed odorare questi volumi fatti ad arte.

MOMENTO INTRINSECO E ARBITRARIO

Sempre più spesso mi stupisco nel constatare quante profonde connessioni esistano fra Fisica, Letteratura e Filosofia e soprattutto quanto si stiano sempre di più interlacciando nella contemporaneità. Forse semplicemente perché dietro tutto questo ci siamo noi, gli esseri umani che ostinatamente cercano risposte e si nutrono di misteri.

La recente e casuale scoperta nei laboratori del Gran Sasso ha riportato in tutto il mondo alla ribalta il neutrino, quello di Majorana, quello che ha una massa. Ora sappiamo che con tutta probabilità raggiunge velocità superiori a quella della luce. Lo scorso aprile il caso della “scomparsa misteriosa e unica di Majorana” (F. Battiato – Mesopotamia) è stato riaperto dalla Procura di Roma, a 73 anni di distanza.

Nel 2006 il fisico ucraino Olaf Zaslavskii propose un’ipotesi suggestiva sulla scomparsa di Majorana. Il fisico avrebbe organizzato una “sparizione quantistica”, secondo principi di casualità e di probabilità, escludendo le certezze.  Lo scienziato è sia vivo che morto, dipende dall’osservatore, come il famoso gatto di Schrödinger: suicidato, fuggito all’estero, rapito, monaco in un convento, collaborazionista. L’ipotesi trae spunto dalla meccanica quantistica secondo cui le particelle del mondo subatomico hanno una doppia essenza: possono comportarsi come onde o come particelle. In questo ambito regna il principio di indeterminazione di Heisenberg, una legge fisica secondo la quale non è possibile seguire il destino di una singola particella ma, solo in termini statistici, di un numero consistente di esse. Secondo il fisico ucraino Majorana, profondo conoscitore di Pirandello, avrebbe messo in scena un “dramma quantistico” attribuendosi contemporaneamente il ruolo di protagonista e di spettatore.

Il fisico (o metafisico?) siciliano è stato di recente riconosciuto in una fotografia del 1950 accanto ad Adolf Eichmann, uno dei peggiori criminali di guerra nazisti. I due si trovano sul ponte del piroscafo Giovanna C., partito da Genova con destinazione Buenos Aires.  L’immagine, che era stata pubblicata da Simon Wiesenthal nel libro Giustizia, non vendetta, è stata analizzata accuratamente dalla scientifica, che ha rilevato numerosissime convergenze con una foto del giovane Majorana. Wiesenthal non era riuscito a dare un nome al personaggio con gli occhiali da sole vicino ad Eichmann, la distanza fra i due è abbastanza ravvicinata, ma non è detto che si conoscano. Si deve comunque considerare che Majorana, alcuni anni prima di scomparire, a Lipsia conobbe il fisico Werner Heisemberg, notoriamente simpatizzante del nazionalsocialismo,che aveva esercitato su di lui un grandissimo fascino.

A quanto pare, dopo aver rinnovato il passaporto e ritirato diverse mensilità di stipendio, Majorana fugge in Argentina, e vive a Buenos Aires senza cambiare identità. La “pista argentina” del caso Majorana prende avvio nel ’78 da un articolo di Giulio Gullace pubblicato sul settimanale Oggi, tre anni dopo l’uscita del libro di Sciascia dal titolo La scomparsa di Majorana. L’articolo riportava la testimonianza del professor Carlos Rivera, dell’Istituto di fisica dell’università cattolica di Santiago del Cile, che raccontava di aver conosciuto a Buenos Aires una donna il cui figlio, laureando in ingegneria, sosteneva di essere amico dell’italiano Ettore Majorana, che aveva lavorato con Fermi ed aveva lasciato l’Italia proprio in seguito a contrasti con lui. Il professor Rivera però non riesce a incontrare questa persona che dice di essere il fisico scomparso perché il giorno dopo parte per l’Europa. Dopo quattro anni torna a Buenos Aires, ma trova la porta di casa della madre dell’ingegnere sprangata; i vicini lo avvisano che i due sono “scomparsi”, probabilmente vittime della polizia peronista. Nel 1960 il professor Rivera è di nuovo a Buenos Aires, all’Hotel Continental. Mentre prende appunti su un tovagliolo di carta un cameriere incuriosito gli dice di conoscere un altro cliente che ha l’abitudine di scrivere formule su pezzi di carta: si chiama Ettore Majorana ed è un fisico molto importante fuggito dall’Italia, a volte passa a prendere un caffè in Hotel.

Nel 1974, a Taormina, Blanca de Mora, vedova dello scrittore guatemalteco Miguel Angel Asturias, stupisce tutti raccontando «Ma come vi ponete ancora dei problemi su Ettore Majorana? A Buenos Aires lo conoscevamo in tanti: fino a che vi ho vissuto, lo incontravo a volte in casa delle sorelle Manzoni, discendenti del grande romanziere».
Purtroppo Eleonora Cometta-Manzoni, matematica e amica di Majorana, all’epoca era già morta. Il fisico e biografo di Majorana, Erasmo Recami nel 1980 riesce a contattare la sorella Lilò Cometta Manzoni de Herrera, professoressa di lettere a Caracas, che però dice di non ricordare un Majorana tra le conoscenze di Eleonora, ma non era molto interessata alle sue frequentazioni nel mondo scientifico.  Ci sono altri indizi della presenza di Majorana in Argentina, ma non verificabili. Si sollevano anche dubbi sulla testimonianza di Rivera.

Ma sono stati i dieci punti «coincidenti» e una «compatibilità ereditaria» a convincere i magistrati romani a riaprire l’inchiesta sulla scomparsa di Majorana. Una foto scattata in Venezuela nel 1955 ha riaperto la pista sudamericana. Nel 2008 un uomo telefona alla trasmissione Chi l’ha visto? affermando di averlo frequentato, ma a lui si presentò come signor Bini e dichiara: <<Nell’aprile del 1955 partii per Caracas, poi andai a Valencia con un mio amico siciliano, che mi presentò un certo Bini. Ho collegato Bini e Majorana grazie al signor Carlo, un argentino. Mi disse: “Ma lo sai chi è quello? Quello è uno scienziato. Quello ha una capoccia grande che tu neanche ti immagini. Quello è il signor Majorana”. Si erano conosciuti in Argentina. Era di media altezza, con i capelli bianchi, pochi e ondulati. Era timido, preferiva stare in silenzio. Poteva avere sui 50 – 55 anni. Parlava romano ma si vedeva che non era romano. Si vedeva anche che era una persona colta. Sembrava un principe. Io certe volte gli dicevo: “Ma che cavolo campi a fa. Ti vedo sempre triste”. Lui diceva che lavorava, andavamo a mangiare, poi stava 10-15 giorni senza farsi sentire. Aveva una macchina gialla una Studebacker. Pagava solo la benzina, altrimenti sembrava che non avesse mai una lira. Ogni tanto gli dicevo: “Ci tieni tanto alla tua macchina e c’hai tutta sta carta”. Erano fogli con numeri e virgole, sbarramenti. Lui non voleva mai farsi fotografare e siccome dovevo prestargli 150 bolivar gli ho fatto una specie di ricatto, in cambio gli ho chiesto di farsi fare una foto con me per mandarla alla mia famiglia. Era più basso di me. Quando ho trovato la foto ho deciso di parlare, sennò era inutile che dicevo che avevo conosciuto Majorana>>. Il Ris ha confermato che «Dalle sovrapposizioni sono emerse similitudini somatiche compatibili con la trasmissione ereditaria padre-figlio». Sarà molto difficile, ma i magistrati ritengono che valga comunque la pena nel 2011 tentare ricerche in Venezuela ed Argentina, per individuare la tomba del Signor Bini- Majorana. Se lo guardiamo dall’Italia Ettore Majorana è scomparso misteriosamente 73 anni fa, probabilmente è morto. Dall’Argentina, invece, ha vissuto una vita tranquilla ed in relativo incognito almeno fino alla fine degli anni ’50. Se lo guardiamo dal libro di Wiesenthal potrebbe sembrarci un pericoloso collaborazionista dei nazisti, soprattutto per via delle sue conoscenze. Ma guardato attraverso le lettere scritte di suo pugno e riportate nel libro del fisico João Magueijo sembrerebbe alquanto improbabile. Siamo effettivamente precipitati in un intrigo quantistico, squisito dal punto di vista letterario, probabilmente architettato dallo stesso protagonista. Chissà se a Borges è mai capitato di incontrare un tano che scriveva formule ovunque ed amava Pirandello?

Capitale del Libro

Buenos Aires, la città con maggiore densità di librerie per abitante al mondo. Una città fatta di cafés de la esquina e librerie, una meraviglia, quasi un… Paradiso. In quale altro luogo al mondo dunque uno scrittore avrebbe potuto immaginarsi il Paradiso come Biblioteca infinita (J. L. Borges, La Biblioteca de Babel)? Un posto in cui i libri nemmeno si pagano, si leggono per diritto.

Il prossimo 23 aprile la città autonoma di Buenos Aires darà inizio ai festeggiamenti in quanto nominata dall’Unesco Capital Mundial del Libro 2011. Nella presentazione del sito dedicato all’Evento si legge:

“un homenaje merecido a nuestros escritores, libreros, editores, bibliotecarios, traductores literarios, educadores y lectores”

Durante quest’anno si apriranno biblioteche per adulti e bambini, le Fondazioni ed il Governo proporranno le più svariate iniziative editoriali e culturali, la Città vivrà di sicuro un anno stimolante e produttivo. Nel quartiere di Recoleta si trova una curiosa ed impressionante prova dell’amore di Buenos Aires per i libri: la libreria El Ateneo Grand Splendid, sorta nel 2000 all’interno dell’edificio che ospitava l’omonimo Teatro. La libreria attuale mantiene lo splendore dell’ex cinema-teatro, un edificio risalente ai primi anni del ‘900: la cupola dipinta, balconate che ospitano comode poltrone per la lettura e decorazioni originali. Al’interno dello scenario attualmente risiede il bar-ristorante, un pianista si esibisce dal vivo accompagnando la lettura. Al piano inferiore si vendono libri per bambini e musica. Il piano superiore è dedicato ad esposizioni e presentazioni. Nell’ex biglietteria del Teatro sono ora esposti i libri tascabili. I turisti si aggirano meravigliati tra gli scaffali e scattano foto dalle balconate.

Ma non è tutto: le librerie si rincorrono per la Calle Corrientes, custodendo gioielli inaspettati e talvolta dando adito ad episodi fra realtà e leggenda. Si racconta che un giorno nel 1910 un uomo, entrando in una libreria di Lavalle, estrasse un vecchio libro da una pila polverosa. Mostrò al libraio l’esemplare chiedendo il prezzo, cento pesos. All’uomo sembrò parecchio, alla fine lo prese per ottanta. Nessuno seppe mai il suo nome, qualche tempo dopo la stampa informava che in una libreria di vecchi libri di Buenos Aires era stato scoperto un esemplare della Bibbia di Gutenberg, il Museo Britannico l’aveva acquistato pagandolo un’enormità. A tutt’oggi l’esemplare viene esibito come una delle gioie della collezione. Insomma non c’è miglior modo di conoscere Buenos Aires se non percorrendola alternando sortite in libreria ed ozio seduti in un caffè.

http://www.capitaldellibro2011.gob.ar

Baires Murga, un po’ di storia

Il film Gilda (1946) viene ricordato per l’interpretazione di Rita Hayworth, i suoi costumi, la sua sensualità, le canzoni. Pochi ricordano che una parte del film si svolge durante il Carnevale di Buenos Aires, dal momento che la città e la festa non sono connotate spiccatamente all’interno della storia. A parte l’esotismo che evoca il nome Buenos Aires, non ci sono particolari che lo distinguono  da tante altre feste di Carnevale in qualsiasi città del mondo: maschere, baldoria, alcohol. Questo Carnevale invece, come quello che si festeggia in molte altre località argentine, ha delle sue specifiche peculiarità: una su tutte la Murga, che proprio in quell’epoca conosce il suo auge. La Murga può essere definita un’espressione corale, teatrale, musicale e popolare, diffusa principalmente in Spagna, da cui prende origine, Panama, Colombia, Argentina e Uruguay. La differenza più spiccata tra la Murga di Buenos Aires e quella di altre località argentine consiste nei ritmi, nel canto e nell’ubicazione. A Buenos Aires i gruppi si raccolgono in un luogo fisso, si esibiscono e cantano, in altre città invece sfilano soltanto ed il canto non è presente.

In città il Carnevale iniziò ad essere festeggiato nel ‘600, mescolando elementi prettamente spagnoli con il candombe ballato dagli schiavi neri. Durante il Carnevale fin dall’ottocento si usava tirare gavettoni d’acqua, inizialmente uova riempite con acqua o acqua di colonia. Dagli anni venti, con la trasformazione della città e la sua veloce espansione, i quartieri vanno assumendo sempre maggiore identità e rilevanza. I vari gruppi etnici occupano in prevalenza l’uno o l’altro: gli italiani a La Boca, gli arabi El Once, i neri San Telmo e Montserrat  etc. Questo nuovo assetto è rappresentato da una nuova forma di aggregazione, la Murga appunto: un gruppo costituito da una ventina di ragazzi del quartiere che si riuniscono per sfilare e cantare durante il Carnevale, con strumenti e maschere fatti in casa. Lo strumento portante è “el bombo con platillo”, la grancassa portata dagli immigrati spagnoli, le canzoni sono picaresche, goliardiche, parodie delle bande militari o popolari, poi ci sono le “fantasias”: sfilate ed esibizioni di bandiere, ventagli e maschere tipiche al ritmo di milonga, candombe e rumba. Negli anni ’50 queste libere manifestazioni si vanno sempre più canonizzando ed i quartieri diventano il centro dell’identità dei gruppi, con propri colori e nomi specifici, ad ogni quartiere è associato uno stile di danza ed un ritmo specifico. La performance delle Murgas è scandita da passaggi fissi: sfilata d’entrata, canzone di presentazione, canzone finale o ritirata ed una sfilata in cui i ballerini si scatenano esibendo la propria destrezza, il tutto introdotto da un presentatore che commenta i singoli passaggi. Il gruppo può comprendere da cinquanta ad oltre cento persone, fino agli anni ’40 rigorosamente uomini, in seguito anche donne, seppure in minoranza. Successivamente nei club di quartiere si iniziano ad organizzare grandi balli di Carnevale molto frequentati, allietati da orchestre jazz, musica tropicale e tango. Per esercitare un controllo sulla festa ad un certo punto viene introdotta una legge secondo la quale qualsiasi persona in maschera deve esibire un permesso rilasciato da un commissariato, al fine farsi riconoscere. Controlli e proibizioni sempre più serrate segnano il declino della festa fino alla dittatura del ’76, anno in cui le festività del Carnevale saranno annullate addirittura per decreto. Nel 1997 il Carnevale di Buenos Aires viene dichiarato Patrimonio culturale della Città. Nel 2000 le Murgas furono valutate per la prima volta da una giuria, al fine di stimolare la motivazione per aumentare la qualità dello spettacolo. Attualmente se ne contano oltre 130, ma esiste anche un circuito alternativo di Murgas che preferiscono autogestirsi e si definiscono Murgas independientes.

http://www.etnostudi.it/AltraMusica/Murgas.htm

Buenos Aires Horror Tour

Lo so, poi alla fine torno sempre a Buenos Aires, come nel tango Volver. Ma è più forte di me, c’è tanto da dire.

Forse non è molto noto che Massimo Carlotto, lo scrittore padovano vittima di un errore giudiziario, ed Estela Carlotto, famosa madre de Plaza de Mayo, sono parenti. Nel libro Le irregolari. Buenos Aires Horror Tour, Edizioni e/o, 1998 Carlotto è in cerca del passato argentino del proprio nonno e si imbatte nella tragedia dei desaparecidos. Il libro racconta la storia delle madri di Plaza de Mayo, della lotta delle nonne, degli hijos, dei sopravvissuti che ancora combattono. Apre inoltre una inquietante finestra sul ruolo della chiesa cattolica, le connessioni e le coperture internazionali. Più che un romanzo, è una raccolta di storie, una galleria di nomi e di volti, di vite soffocate da governi senza scrupoli e personaggi inquietanti. Ciò che dà valore a questo lungo racconto di atrocità è il fatto che vittime e carnefici siano persone vere, realmente esistite e, in parte, ancora viventi. Plaza de Mayo, luogo ormai mitico, in cui, tutti i giovedì, queste donne, simbolo della resistenza, del ricordo e della richiesta di giustizia, si riuniscono e marciano perché coloro che agirono tanto spietatamente non possano dormire tranquilli. Si respira un’atmosfera particolare, fitta e struggente, devastante e irreale. In maniera completa e precisa viene raccontato qui il modo in cui le persone sparivano, cosa ne era di loro dopo il sequestro, dalle torture fisiche e psicologiche, alla morte, alla sepoltura nelle fosse comuni, in luoghi segreti nei “voli della morte”. Si parla anche del traffico di bambini, figli delle donne sequestrate, che venivano ammazzate subito dopo aver partorito e del ruolo ambiguo e immorale della Chiesa. Il nucleo dirigente della repressione illegale di questa dittatura era composto dai militari e poliziotti dell’Alianza anticomunista argentina, persone provenienti dagli ambienti della destra peronista e dall’estrema destra fascista e nazista. In tre anni, dal 1973 al 1976, data del golpe, questi nuclei hanno rivendicato circa mille omicidi. Si convinsero che il loro era il metodo migliore per far penetrare il terrore in qualsiasi società, al punto da mandare dei loro rappresentanti in Spagna per convincerli ad adottare gli stessi metodi per sconfiggere i separatisti dell’Eta. Aprirono degli uffici di rappresentanza nelle più grandi città europee, dove venivano assunti per addestrare il servizio di sicurezza. Ancora oggi ogni giovedì le nonne si riuniscono in Plaza de Mayo dove all’inizio i militari tentavano di cacciarle via, usando i cani o i lacrimogeni: ora è diventato un gruppo di 300 donne. I circa 30.000 desaparecidos sono un numero approssimativo, ci sono state fucilazioni, torture, bambini nati nei campi di concentramento.
E’ praticamente impossibile elaborare il lutto per i desaparecidos, almeno fino a quando una madre non avrà le prove che il figlio sia morto, chissà dove e come. La dittatura è riuscita a eliminare un’intera generazione, facendo sparire bambini e donne incinte, così si eliminava alla radice il problema di eventuali futuri sovversivi. Dopo aver fatto nascere i bambini, venduti al miglior offerente, le madri venivano uccise. Le nonne per questo tentano anche attraverso l’analisi del DNA, di ritrovare i bambini per ridarli almeno ai parenti dei genitori morti. Una delle tante madres dice nel libro: Quando hanno portato via i miei figli avevo solo 48 anni e mi sono sentita vecchia; oggi ne ho 68 ma mi sento vent’anni più giovane perchè ho imparato che l’unica lotta che si perde davvero è quella che si abbandona.

http://www.desaparecidos.org/arg/victimas/carlotto/